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.dsy:it. .dsy:it. ~ publi's journal ~ Robert Browning
 
Robert Browning
04-06-2004 14:56
»
"CHILDE ROLAND TO THE DARK TOWER CAME
(Childe Roland alla torre nera giunse)
by Robert Browning

XXI

E mentre lo passavo a guado – per tutti i santi - come ho temuto

di calpestare le guance d’un morto, passo dopo passo,

o di sentire la lancia che infilavo nei buchi,

impigliarsi nei suoi capelli o nella barba!

- Può essere un topo d’acqua che avevo infilzato, ma,

oddio! ha risuonato come il vagito d’un bambino.

XXII

Felice raggiunsi l’altra sponda.

E partii alla ricerca d’un posto migliore. Vana speranza!

Ignoti guerrieri avevano ingaggiato battaglia

ed il loro calpestio selvaggio ammollava il terreno

umido, ormai un pantano. Rospi in un serbatoio avvelenato

o gatti selvaggi in una gabbia di ferro rovente. –

XXIII

Tale appariva la battaglia in quella feroce arena,

che cosa li rinchiudeva là, con tutta quella pianura attorno?

Nessun' orma conduceva a quell’ orrido serraglio,

nessuna ne usciva. Un insieme pazzo scuoteva i loro cervelli

senza dubbio, come i galeotti che il Turco

aizza per divertimento, cristiani contro ebrei.

XXIV

E più ancora – duecento passi avanti - perché, là!

Per quali torture era stata piazzata quella ruota,

leva, non ruota, quell’ordigno dentato

che dipana corpi umani come seta?

Preciso come lo strumento di Tofet, che ha dimenticato sulla Terra

o ce l’ha portato per affilarne i denti arrugginiti d’acciaio.

XXV

Poi giunsi ad una ceppaia, una volta un bosco,

e dopo quella che sembrerebbe esser stata una palude, ma ora solo terra

disperata e sfatta; (così un folle trova da rallegrarsi,

fa una cosa e poi la guasta, finchè il suo umore cambia

e si spegne!) all'interno d'un quarto d’acro

- palude, argilla e ghiaia, sabbia e nero seccume.

XXVI

Ora bubboni dalle macchie colorate e torve, ora zone

ove dal terreno erompevano muschi,

o materia di pustole; e poi

una quercia rachitica barcollante con uno squarcio nel mezzo

simile ad una bocca storta che si fende ai lati

spalancata alla vista della morte e morta nel raccapriccio.

XXVII

Ed ero lontano più che mai dalla meta!

Niente laggiù se non il buio, niente,

a guidare più oltre il mio passo! A quel pensiero,

un uccello nero grande amico d’Apollyon,

passò volteggiando, immoti le grandi ali spiegate di drago,

fino a sfiorarmi il cimiero – forse era la guida che cercavo.

XXVIII

Osservando in alto, mi accorsi non so come,

a dispetto dell’imbrunire, la pianura aveva dato il posto

tutt’intorno alle montagne - con tale nome da far fiorire

alture brulle furtivamente apparse-.

Quanto mi avessero sorpreso – a voi scoprirlo!

Il vero problema era adesso come allontanarsene.

XXIX

Tuttavia m’è sembrato di riconoscere un certo trucco

che m’era capitato, dio sa quando –

in un sogno difettoso forse. Qui si concludeva dunque

il cammino. Quando, proprio nel momento

d’arrendermi, una volta ancora, un clic

come quando una trappola si chiude – e resti dentro.

XXX

Come fiamma che è venuta su me tutto d'un tratto,

questo era il posto! quelle due colline a destra,

acquattate come due tori che si sono intrecciati

i corni nella lotta; mentre a sinistra stava un’ alta montagna

pelata... Zuccone, idiota, rimbambirti nel momento cruciale,


dopo una vita spesa ad addestrarti nella visione!

XXXI

Che cosa c’era lì in mezzo, se non la Torre?

la torre tozza e rotonda, cieca come il cuore dello sciocco,

eretta con la pietra scura, senza uguale al mondo intero.

Lo spiritello beffardo della tempesta

indica così al marinaio lo scoglio affiorante, dove può cozzare

solo quando il fasciame sobbalza.

XXXII

Non vedere? a causa della notte forse? - perché il giorno

tornò ancora! Prima del tramonto,

ed il tramonto morente brillò da una fessura:

le colline, come i giganti a caccia, appostate,

mento sulla mano, davanti alla bestia braccata -

'Ora affonda la lama fino all’elsa – e uccidila! '

XXXIII

Non sentire? Quando il fragore era dappertutto!

E un rintoccare crescente come di campane. I nomi nei miei orecchi

di tutti i compagni di ventura, miei pari, persi –

come tal era forte e tale era ardito

e tale fortunato, tuttavia ciascun compagno d’un tempo, perso,

perso per sempre! per un momento rintoccò la tristezza degli anni.

XXXIV

Stavano levati in piedi, sparsi lungo il pendio, venuti

ad osservare il mio ultimo istante, struttura vivente

per un' nuova immagine! Fasciati di fiamme

l’ho visti e l’ho riconosciuti tutti. Allora

portai il corno alle labbra e soffiai:

' Childe Roland alla Torre Nera giunse. '
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