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.dsy:it. ~ Jorda's journal ~ Non leggere se si vuole andare a vedere "Un film parlato" |
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Esco dal film “Un film parlato” di De Oliveira. In lingua originale, un film originale. Una mamma di cultura porta la figlioletta curiosa di sapere in crociera toccando le città più importanti della storia del mediterraneo. Poi in nave l’incontro con tre donne di cultura che conversano nelle loro differenti madrelingue con il comandante. Tutto il film racconta la nostra cultura, le sue radici, le sue bellezze. Poi alla fine, allarme generale. Ci sono due bombe sulla nave. La figlioletta e la madre rimangono indietro. Boom.
Un film sul terrorismo. Quello vero. O un film vero sul terrorismo. O un film che racconta il terrorismo con crudele verità.
Esco dal cinema e mi chiedo “cosa sto facendo?” Cosa ci faccio qui? Perché sono a Milano? Per godere di una vita che non posso permettermi? E’ solo questo. Questo vale la paura di prendere la metro, l’autobus, il tram, di entrare in duomo o al Mc? Di prendere un treno per tornare a casa?
Perché detto tra noi, la paura c’è. C’è eccome. Per quanto la si possa o la si voglia ignorare. Ci sono momenti che in metro mi sento soffocare, vorrei uscire e mi prende il panico. Non mi è mai successo. Questo pensiero, profondo, sommesso, che si agita leggermente nel fondo di me stessa è terrore. Vero.
Bravi, siete bravissimi. Ci state riuscendo perfettamente.
Londra, Tokyo, Parigi, New York. Luoghi in cui mi piacerebbe passare parte della mia vita.
Milano.
Ma la mia vita ha senso in questo modo?
Ha senso che io viva in questa città, ben al di sopra dei miei mezzi, che mi cerchi un lavoro che non mi soddisfa, per mantenere una vita di terrore? Pensando che qui rischio grosso? Che ogni cosa che faccio potrebbe essere l’ultima? Che mio fratello potrebbe prendere il treno sbagliato?
Sono fobica, lo so.
Mi terrorizzano gli scarafaggi, i ragni, le falene, i maggiolini, le cimici. In generale tutti gli insetti con esoscheletro, di più se volanti.
Mi dà fastidio sedermi in un locale in un posto che non mi protegga le spalle.
Mi fa paura stare vicina alla riga gialla quando arriva il metrò.
Non mi sporgo mai dal balcone e mi viene l’angoscia se lo fa qualcun altro.
Se sono in treno penso sempre a cosa fare in caso di deragliamento.
Se sono in macchina e non ho la cintura di sicurezza mi prende l’angoscia e viaggio tutta irrigidita.
Ho paura dei posti troppo affollati e di quelli troppo vuoti.
Potrei continuare all’infinito, e certamente concorderei sul fatto che mi faccio troppe paranoie. Ma non ci posso fare niente. O magari potrei ma mi costerebbe un sacco di tempo ed un sacco di soldi di terapia. Grazie. Ho già dato. E non è servito.
La paura c’è. E’ giusto vivere così?
Più in generale: è giusto vivere in un mondo dove devi sempre avere paura di tutto? Che ti accoltellino sotto casa. Che non ti bastino i soldi per arrivare alla fine del mese. Che non ti diano la pensione. Che tu non esca vivo dal Mc? Che qualunque cosa mangi, in primis quella del mc, ti rovini la vita?
Ho passato l’ultimo anno a decostruire pezzo per pezzo tutti i miei idealismi, e le mie idilliache visioni pseudo-fantastiche di un my own private mondo in cui tutto è possibile, basta porre alla base un retour à la nature radicale e spietato. Ma forse ho sbagliato tutto.
Ecco: Satana mi ha portato sul monte del benessere contemporaneo e mi ha detto: “tutto questo sarà tuo!”. E io mi son detta “è la solita vecchia storia: non ci cascare, che è una megafregatura. Monti, natura, tarallucci e vino. Casetta rossa in Norvegia, orticello e galline. Questo è ciò che ti ha dato Dio. Questo è il Bene.” E contemplando casetta rossa e Bene e tutto il resto da una parte e l’arte, la moda, lo spettacolo e la postmodernità dall’altro mi son detta: “son secoli che ci fanno fessi con le baggianate di dio, quando lo sappiamo tutti che il fascino di Satana è infinitamente superiore. Devo scontare io tutte le colpe dei miei padri? Devo scontare io la scelta del destino? Sono una donna del mio tempo. Vivo in un contesto contemporaneo, postmoderno, postumano, ipertecnologicizzato, ipercomunicativo, vitale, movimentato e bello. Devo negarmi tutto questo?”
Ho scelto con cognizione di causa.
Sono altrettanto convinta in questo momento di questa cognizione di causa?
Sono convinta della bellezza della contemporaneità a discapito della bellezza eterna, della vita postmoderna a discapito di quella reazionaria…
Possibile che un unico film arrivi a minare le mie ultime scelte?
Possibile che la certezza della mia esistenza si appoggi su così fragili basi?
Questi pensieri non dovevano finire sul blog. Ma alla fine forse è il posto che più si addice loro. Soprattutto visto che il blog ha perso di ogni significato per me negli ultimi tempi.
Da una parte convinta che i miei pensieri siano miei. Dall’altra che condividere sia l’unico modo per sentirsi meno abbandonati e soli.
Non ne sono certa, ma questo potrebbe essere il mio ultimo post.
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mood:
rasoterra | now playing: il vento |
Commento di JaM |
14-04-2004 22:35 |
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[quote]Non ne sono certa, ma questo potrebbe essere il mio ultimo post.
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...? |
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Commento di Feranz |
14-04-2004 22:35 |
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chiaro. pensa che oggi ho fatto tre al superenalotto. bastava un altro numerino azzeccato e mi portavo a casa quattrocento-eccetera euro. anziche' 11,95. sai quanti cinema pre-pagati mi portavo a casa?
e non solo. in nome della tua fobia delle falene, ho comprato due farfalle in tela. una arancione, una verde. con un po' di sfumature e motivi, ovviamente. gigantesche. ho piantato i chiodini sul muro di fronte alla porta di ingresso e ce le ho messe sopra. cosi' la prossima volta che entri vedo che faccia fai. se non svieni, vuol dire che potro' appendermi in casa gigantografie di api e calabroni senza sentire una irrinunciabile spinta al suicidio.
boh. ti aspetto. quando ti pare.
chennesai, magari ti diventa terapeutico :girl: |
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Commento di ousmanneh |
14-04-2004 22:35 |
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ragione e passione, timone e vela.
è la condivisione, come dici tu, la chiave e il catalizzatore di tutto.
hang on, come dicevano a Rubin Carter. |
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