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Sesto San Giovanni, giugno 1945
05-01-2006 01:28
»
Sesto San Giovanni, Giugno 1945
racconto a tema (con motivi precisi)
di Francesco M. De Collibus




Era il giugno del 1945. Dopo un’estenuante prigionia a Wiesbaden, in Germania, stavo finalmente tornando a Milano. Il treno, l’ennesimo del mio lunghissimo ritorno,procedeva a singhiozzo, finchè non si fermò del tutto poco prima della stazione di Sesto San Giovanni. Erano le undici di sera. Uno sciame di ex prigionieri di guerra e deportati, si riversò per le stradine strette del paese.
I segni della guerra affioravano casualmente nella notte. Rovine, ordinate a destra e sinistra, qualche fosso sulle strade, colmato in fretta e furia. Sesto aveva pagato cara la sua vocazione industriale.

Un uomo arrivò alle mie spalle.
“Tonolli, sei davvero tu?”
“ Bianchi. Non ci posso credere!Questo è un miracolo! ”
Mi abbracciò fortissimo.
“ Se tu solo sapessi, vecchio amico mio, quante ne ho passate!”
“ Abbiamo tantissime cose da raccontarci! Guarda, quella cantina sembra ancora aperta! Vediamo se lasceranno assetati due reduci.”.

L’oste aveva perso un figlio in Germania. Quando seppe che anche io ero stato prigioniero lì, mi regalò una bottiglia intera. Un dono triste, dopotutto.

“ Bianchi. Io ti ho visto morire in Russia, ti ho visto cadere durante il nostro contrattacco. Per ore dalle trincee ho fissato il tuo cadavere con il binocolo, pregando Dio per un segno di vita. E anche se eri lì immobile, io continuavo a sperare e pregare. Solo quando è scesa la neve, e non ti sei mosso, ho perso definitivamente la speranza. Avrei voluto darti sepoltura, ma i russi ci hanno subito attaccato in forze, e la nostra ritirata è diventata una fuga a rotta di collo. Ma questo è un miracolo e noi dobbiamo brindare!”

“ Gianni, ero convinto di essere morto anche io. Era tutto freddo e bianco là sotto. All’improvviso ho riaperto gli occhi, e mi sono messo a tossire. C’erano questi due russi che mi hanno gridato qualcosa contro. Pensavo mi sparassero. Invece mi hanno avvolto in una coperta asciutta e mi hanno trascinato vicino al fuoco. La ferita era meno seria di quanto pensassi: grazie alle bende e a un liquore fortissimo mi sono ripreso. Certo, sopravvivere al campo di prigionia è stato un inferno, ma ho avuto fortuna. E tu?”

“ Amico mio, io sono stato più fortunato di te e più sfortunato di te. Non ho avuto pallottole in corpo, ma mi hanno fatto girare come una trottola per l’Europa, da un fronte all’altro. Sono stato un po’ ovunque, finchè i tedeschi non mi hanno deportato per lavorare in Germania. E adesso eccomi qui. Oh, ma il tuo bicchiere è vuoto. Prendine ancora”.

“Vino, da quanto non ne bevevo.....”

“ Prendine ancora un bicchiere, dai, che male vuoi che ti faccia”.

“Ma volevo tornare a Milano.... da mia moglie stasera stessa. Voglio rivedere Mariagrazia. Nessuno sa ancora che sono tornato.... che sono vivo! Sarà una sorpresa!”

“ E io ti accompagnerò! Festeggeremo assieme! Ma prima, dai un ultimo brindisi!”.

Alla fine Bianchi cadde addormentato. Me lo trascinai in spalla fino a uno stabile bombardato, in piedi solo per metà. Lo lasciai a riposare dietro una colonna.

Non avevo molto tempo. Mi misi a camminare di buon passo. Corso Buenos Aires era ancora molto lontano. Percorrrendo Viale Monza, la guerra mi offriva il suo allucinante spettacolo di normalità e devastazione. Due case su, una giù, polvere ovunque. Era una strada maledettamente lunga, ma dovevo sbrigarmi. Arrivai esausto a Piazzale Loreto: c’era un chè di spettrale nell’aria. E La notte misericordiosa mi celava molte cose.

Arrivai che il campanile di San Gregorio Magno batteva le quattro e mezza di notte . La sua palazzina era intatta, per fortuna. Lei ci mise molto ad aprirmi. Chi poteva essere a quell’ora infame?

“Ciao Mariagrazia!”
“Gianni, Gianni! Sei tornato! Dio come sono stato in pena per te! Da quando i tedeschi ti hanno portato via....io ....credevo di impazzire Gianni! Avevo tanta paura che tu fossi morto.”.

Non portava più il lutto per la morte del marito, ed era bellissima, anche con il pancione cresciuto a dismisura. Ricordavo la prima volta che l’avevo vista. Ero appena tornato dalla Russia, e le portavo una notizia tremenda. Suo marito, il caporale Luigi Bianchi, era caduto in battaglia vicino il Don.

“ Gianni! Ora sei tornato! Potremmo finalmente sposarci e crescere insieme il nostro bambino!”

Cercai una sigaretta nella tasca. Non ce n'erano.

“Mariagrazia. Tuo marito non è morto in Russia. L’ho incontrato qualche ore fa a Sesto. Per un miracolo, è vivo. L’ho fatto ubriacare e addormentare, e poi l’ho nascosto in un rudere per prendere tempo... ma lui sta tornando qui!”

“ Come un miracolo? Gianni tu... tu mi avevi giurato che lo avevi visto morire! Io non ci volevo credere e tu mi avevi ripetuto cento volte che era così. Dio, no! Ora stavo per essere così felice! L’uomo che amo è appena tornato dalla prigionia! Il figlio che aspetto da lui sta per nascere! Invece ritorna a casa un marito che avevo appena finito di piangere e dimenticare!! ”.

Era stata molto dura dimenticare Luigi. Io lo sapevo bene. E ora quelle stesse mani che un minuto fa mi avevano abbracciato ora mi scacciavano ostili, nevrasteniche.

“Devo pensare. Trovare una soluzione. Chi oltre noi sa che lui è vivo?Chi?”

“ Nessuno, credo. Dice che voleva essere una sorpresa per te che nessuno ancora lo sa.”

“ Quindi se avesse.... un incidente. Se ubriaco com’è cadesse da un ponte o finisse sotto un treno....o in un fiume..... ecco per tutti lui è morto in Russia. Sarebbe una tragedia ma .....” Iniziò a piangere. “Una vera tragedia.... ma bisogna capire che anche noi meritiamo un po ‘di felicità!”.

“Mariagrazia, mi stai chiedendo di uccidere tuo marito perchè non sai come accoglierlo? Mi stai chiedendo di ammazzarlo perchè non sai come dirgli che le cose sono cambiate? Dimmi, cazzo, è questo quello che vuoi?”

Erano le cinque del mattino. Nell’aria non c’era nessun rumore. Mariagrazia era in ginocchio e si mordeva le labbra, e piangeva, e tremava.

“ Un uomo sopravvive a un proiettile nello stomaco. Resiste 2 anni in un campo di prigionia in Siberia mangiando i fili d’erba. Un uomo cammina per cinquemila chilometri per tornare a casa. E al ritorno chi trova, a braccia aperte? Suo amico e sua moglie che lo ammazzano? Che cosa siamo diventati? Bestie? Io non voglio capire come questa città si riprenderà da tutta la morte che le è piombata addosso. Non voglio sapere come faranno gli italiani a dimenticare, a guardare oltre, a far finta di niente. Non mi interessa più.

Io non voglio vedere le cose aggiustarsi. Non reggo proprio più l’odore della guerra, tutta questa pazzia che ci ha avvelenato. La guerra è entrata ovunque, anche dentro di te, che con questo visetto dolce mi chiedi di uccidere tuo marito.

Io domani stesso parto per Genova. Cercherò in ogni modo possibile un imbarco per l’Argentina. Voglio stare in un posto senza questa maledetta guerra. Voglio pensare che non sia mai esistita. “

“No. No! Anche tu mi abbandoni! E io cosa dirò a Luigi. Come gli spiegherò tutto questo?”

“ Digli la verità, che pensavi che lui fosse morto. E poi sarà un bambino meraviglioso: avrà sicuramente bisogno di un fratellino per giocare.".

Mariagrazia non disse più neanche una parola. Fuori Milano aveva appena iniziato a risvegliarsi.




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Commento di violet (non registrato)
05-01-2006 01:28
»
stupendo.....che amore...

Commento di Imene (non registrato)
05-01-2006 01:28
»
Io mi tocco quando leggo le tue storie, caro Fra... buttamelo!!!

Commento di nim (non registrato)
05-01-2006 01:28
»
a me piacciono molto i tuoi racconti ..... scrivi molto bene.....

Commento di Fabius (non registrato)
05-01-2006 01:28
»
un applauso..ma facciamo anche due *clap clap* metto una riga in onore tuo Fracè

Commento di defra (non registrato)
05-01-2006 01:28
»
che bello scrivi ancora su questo genere

Commento di fdecollibus
05-01-2006 01:28
»
Grazie ragazzi :D Solo un piccolo sprone agli informatici e ai comunicazionisti digitali.... possibile che non abbiate notato la easter egg del raccontino?

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