Feranz's
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AIUTO! chi è in grado di RISOLVERE questo esercizio può farmi avere la soluzione (CON TANTO DI SVOLGIMENTO PASSO PASSO).
[12] Data la CPU con pipeline rappresentata in uno dei fogli allegati al compito:
a) Definire da quali fasi è costituito il ciclo di esecuzione di un’istruzione e quando la CPU “capisce” di che
istruzione si tratta. In quale fase termina l’esecuzione di un’istruzione? [2].
b) Discutere le differenza tra la CPU singolo ciclo, multi-ciclo e con pipe-line. [2]
c) Dato il seguente segmento di codice:
or $s0, $t1, $t2
lw $s1, 16($t2)
sub $t2, $t2, $t3
addi $t3, $s1, 64
and $s1, $s5, $s6
Scrivere qual è il contenuto di tutti i registri di pipe-line (lo stato) quando l’istruzione and $s1, $s5, $s6 si trova
nella fase di fetch [5]. Non tenere conto degli hazard.
d) Definire cos’è un hazard e cos’è uno stallo. Identificare se nel frammento di codice di cui sopra ci sono
hazard. Eventualmente modificare la CPU in modo tale che riesca a gestire al meglio questi hazard [4].
riferimento: http://marchi.usr.dsi.unimi.it/Teaching/Architetture07/
grazie :-) |
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chi l'avrebbe mai detto che qui dentro ci avrei rimesso il muso.
sarà stata l'altra sera da jd, o l'ultimo aperitivo con la jorda, vacci a capire, ma oggi - in mezzo al delirio del lavoro - mi sono stesa ben bene le gambe sulla sedia e me lo sono spiluccato tutto, il mio blog.
in fondo, sono una persona malinconica.
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sveglia alle 6. loro arrivano per le 7.15 anzichè per le 7.30 come concordato. ma va bene.
l'ing si precipita - io arranco fra coperte caffè ciabatte cassetti per casa sedia aspirapolvere polvere, "arrivo dopo amò..." - in tasca un assegno consistente, firmato dalla sottoscritta.
giunge a destinazione, consegna il dinèr, quelli cominciano a scaricare dal camiòn.
la mia cucina. la nostra cucina.
alle 9 in punto sono lì anch'io, hanno montato un pezzettino. un paio d'ore e siamo lì a discutere sui mensoloni della sala, mettiamoli qua no qua.
sono le 12 e lei è lì, meravigliosa.
penso mezzora e si va tutti a fare pappa.
invece no. perchè casca l'occhio sul bancone con il lavabo. che sta sotto la finestra. che è un po' rientrata. e quindi avevamo chiesto di tagliare il bancone di modo che coprisse il buco, che sennò lavi una tazzina e rischi di innaffiare dietro. e invece cazzo la rientranza per fargli coprire il buco non c'è. e ma come non c'è?
non c'è. telefonano. la venditrice dice "è un errore". dice anche portatelo indietro, fra dieci giorni consegnamo quello nuovo e ben fatto.
quindi smonta, e togli il bancone, e togli il lavello, e sgarrupa a destra, e sgarrupa a sinistra.
e che cazzo.
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è una giornata stravagante.
perchè mi sento niente per quanto conta.
perchè mi sento tutto per quanto è niente.
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Cresce catturato da una voce, J.R. La voce di suo padre, un disc jockey di New York, che ha preso il volo quando lui non aveva ancora detto la sua prima parola. Seduto sul portico della vecchia casa dei nonni, con l'orecchio schiacciato contro la radio, vorrebbe spremere da quel timbro caldo e baritonale i segreti dell'identità e del mondo degli uomini. Sua madre è il suo mondo, è la sua roccia, ma lui cerca, desidera ardentemente anche qualcosa di più, qualcosa che riesce, debolmente ma ossessivamente, ad avvertire solo in quella voce. A otto anni, quando anche la voce alla radio scompare, J.R. scappa disperato fino al bar all'angolo, e lì scopre un nuovo mondo, e un coro turbolento di nuove voci. Sono poliziotti e poeti, allibratori e soldati, star del cinema e pugili suonati, la varia umanità che si rifugia al "Dickens" per raccontare le proprie storie o scordare i propri guai. Saranno quelle "mosche da bar", uomini come suo zio Charlie, che si atteggia un po' a Bogart, come Colt, con il suo timbro da orso Yogi, come Joey D, un attaccabrighe dal cuore tenero, sarà anche quel mondo di uomini divertito o dolente a crescere J.R., a prendersi cura di lui, a farne un uomo, come una specie di paternità su commissione. Appassionata e malinconicamente divertente, una grande storia di formazione e riscatto, di turbolento amore tra una madre e il suo unico figlio, ma anche l'avvincente racconto della lotta di un ragazzo per diventare uomo e un indimenticabile ritratto di come gli uomini rimangano, nel fondo del loro cuore, dei ragazzi perduti.
Edizioni PIEMME.
Scrittura eccellente. 500 pagine che si divorano in un soffio.
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ricevo un'email: una personcina a modino, che non vedo da tempo e che mi spiacerebbe perdere. butta un amo, per la serie dai che chiacchieriamo, riesco a risponderle con mezza riga che sto presissima, alla fine le dico ciao, ci si risente.
non ci si è risentite, che sto presissima ancora adesso per cui tanto vale.
sto presissima per via del lavoro (tanto, e bello . non l'avrei mai detto); per via della casa nuova (fra capocantiere, banca, omino della cucina, omino della scala, omino degli scatoloni, sto rincoglionendo come mai prima d'ora); per via del tirocinio (la profa mi piace, quanto faremo mi piace, ma è un casino prima ancora di cominciare: fra noi due non è ben chiaro chi sia più incasinata e chi debba mettere in riga chi).
ovviamente, è un periodo, non durerà per sempre.
ma minchia che sonno.
stasera pizza con una coppia di amici: so già che alle 23 crollerò davanti a una media.
minchia.
e non ho ancora 30 anni. |
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pranzetto con:
- il padre dell'ing
- la madre dell'ing
- l'ing
- la sorella dell'ing
- il fidanzato della sorella dell'ing
nella casa nuova in cui gli ultimi due decisero di porre definitiva dimora.
qualche giorno prima, "facciamo il pranzo di inaugurazione?", la sorella dell'ing.
"e famo 'sto pranzo. sì, ok, al dolce penso io", la sottoscritta.
famo 'sto pranzo, e i padroni di casa, lucciconi a gogò, se ne escono con: "a marzo dell'anno prossimo abbiamo deciso di sposarci".
ma cin cin, come no cin cin, plinc plinc, cin cin, auguri, cin cin
"abbiamo già abbozzato una lista di invitati!!!"
e leggiamola, va.
la sorella dell'ing comincia con l'appello.
la madre dell'ing interrompe, facendo notare che non ha ancora nominato i miei genitori.
e quella, facendole cucù con la mano: "mamma, invitare loro... a me proprio... che poi mica verranno su apposta... no?" rivolta a me.
che sedevo di fronte a lei. e che me la sono sempre dovuta sopportare, a tutte le cene e i pranzi fra consuoceri, perchè secondo loro lei con la mia famiglia era giusto che c'entrasse. e adesso, quella mi sputtana in faccia che i miei cosa c'entrano.
boh. sono rimasta basita. e per una questione di buona educazione. se non ti va di invitarli, non farlo. non è questo il punto. ma il cucù vedi bene di filartelo su per il culo, brutta troietta cresciuta sul pisellino comodo.
ma che le venga un'ulcera.
o no? |
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